Passa ai contenuti principali

IL RUOLO DELL'AMMINISTRATORE NELLA RISCOSSIONE DEI CREDITI VANTATI NEI CONFRONTI DEI CONDOMINI MOROSI

I commi 1 e 2 dell'art. 63 disp. att. c.c., introdotti dalla Riforma del condominio, contemplano un'azione surrogatoria, di carattere sussidiaria e secondaria, di cui può servirsi il terzo creditore nei confronti del condomino moroso, nonchè un autonomo obbligo sussidiario di garanzia del condomino solvente in proporzione alla quota del moroso.
L'art. 1229, co. 9, c.c., introdotto dalla Legge 11 dicembre 2012, n. 220, contenente "Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici", obbliga l'amministratore ad "agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale sia compreso il credito esigibile, a meno che non sia stato espressamente dispensato dall'assemblea".
Suddetta nuova disposizione riproduce, sotto il profilo dell'obbligo dell'amministratore, quanto già sancito dall'art. 1130, n.3, c.c. che stabilisce come l'Amministratore debba "riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni".
Dunque l'amministratore, al fine di procedere alla riscossione dei contributi in base allo stato ri ripartizione approvato dall'assemblea, può agire ai sensi dell'art. 63, co.1, disp. att. c.c., per mezzo della domanda di decreto ingiuntivo, immediatamente esecutivo, senza bisogno di specifica autorizzazione assembleare; è obbligato, altresì, a comunicare ai terzi creditori, che spieghino specifica richiesta in tal senso, i dati dei condomini morosi. Inoltre la Riforma stigmatizza quale situazione di grave irregolarità, ai sensi dell'art. 1229, co. 12, n. 6 c.c., legittimante la revoca giudiziale dell'amministratore, "l'aver omesso di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione coattiva".
Come già delineato, dunque, l'Amministratore non deve essere munito di specifica autorizzazione rilasciata dall'assemblea per poter agire in via monitoria contro il condomino moroso, atteso che il relativo potere giustificativo discende direttamente dall'approvazione assembleare del riparto.
Inoltre, il termine semestrale assegnato all'amministratore e decorrente dalla chiusura dell'esercizio di maturazione del credito appare in linea con lo statuto delle società di capitali, atteso che normalmente la gestione condominiale viene rapportata alla competenza annuale e che l'amministratore è tenuto sempre annualmente a predisporre il bilancio preventivo nonchè a far approvare dall'assemblea il bilancio consuntivo e comunque alla scadenza del periodo corrispondente alla durata in carica, egli dovrebbe direttamente rispondere della riscossione dei contributi dovuti dai partecipanti morosi.
Al termine semestrale di riscossione dei crediti del condominio nei confronti dei Condomini morosi non sembra, però, prevista alcuna specifica sanzione in ipotesi di escussione tardiva dei condomini morosi anche al fine di evitare un aggravamento della situazione gestionale che l'attivazione tardiva può avere, in certa misura, già determinato.
L'unica conseguenza di un promovimento dell'azione di recupero dei crediti condominiali oltre il semestre dalla chiusura dell'esercizio di riferimento non potrà che essere costituito dall'eventuale responsabilità dell'amministratore nei confronti del condominio.
Inoltre l'art. 1129, co. 9, c.c. consente l'espressa dispensa dell'amministratore da parte dell'assemblea dall'agire per la riscossione entro il menzionato termine, così delineando una deroga consentita all'organo deliberativo del Condominio rispetto ad un'ipotesi tipizzata di revoca dell'amministatore, permettendo inoltre all'Assemblea di ratificare il tardivo operato dell'amministratore, anche approvando la non tempestiva azione nei confronti dei condomini morosi.
Quanto detto permette di rilevare indirettamente come all'amministratore non sia consentito di concedere dilazioni di pagamento ai singoli condomini, senza apposita autorizzazione dell'assemblea, nella qualità di unico organo deputato ad assumere decisioni sulle vicende obbligatorie del Condominio.
Se non si può parlare di vera e propria responsabilità diretta dell'Amministratore per l'ipotesi di tardiva escussione dei condomini morosi atteso che l'amministratore, in quanto mandatario, non dovrebbe mai rispondere verso il condominio mandante dell'adempimento delle obbligazioni di contribuzione alle spese dei singoli condomini, è altrettanto vero che l'amministratore mandatario debba fornire la prova di aver eseguito l'incarico conferitogli di riscossione dei crediti con la necessaria diligenza, dando conto del comportamento tenuto a fronte del ritardo nel pagamento delle bollette condominiali (art. 1170 c.c.).
Viepiù in ipotesi di lesione di credito del terzo da parte non del soggetto passivo del rapporto obbligatorio, ma del mandatario incaricato della riscossione, può correttamente essere invocata la tutela aquiliana ex art. 2043 c.c. per la risarcibilità di un danno derivante da fatto illecito, sempre nel rispetto dei canoni probatori in termini di nesso causale fra l'evento imputabile all'amministratore mandatario e la lesione del credito, oltre all'imputabilità al medesimo amministratore terzo di una condotta dolosa o colposa direttamente produttiva di quel pregiudizio.

Commenti

Post popolari in questo blog

RIPETIZIONE DI INDEBITO

Cassazione civile, sez. II, 28/06/2017,  n. 16214 In materia d'indebito oggettivo quando la parte deduca in giudizio e dimostri l'avvenuto pagamento di una somma di denaro, il convenuto è tenuto ad allegare e a provare il titolo in forza del quale si ritiene a sua volta legittimato a trattenere la somma ricevuta, al fine di accertare se e fino a che punto la natura del rapporto e le circostanze del caso giustifichino che l'una delle parti trattenga senza causa il denaro indiscutibilmente ricevuto da altri (fattispecie relativa ad una domanda di ripetizione d'indebito formulata dai clienti di un legale in merito al compenso illegittimamente incassato dal professionista). La fattispecie. A. e B. citavano in giudizio l'avvocato C., che aveva seguito nel loro interesse un processo di risarcimento danni in materia di sinistro stradale, per richiedere la restituzione di una somma di denaro illegittimamente corrisposta a titolo di compenso professionale. Deducevano che

CADE ACQUA DAL BALCONE DI SOPRA: E' REATO

Tra le liti più comuni all'interno di un condominio rientra sicuramente quella inerente la caduta di acqua dal balcone sovrastante; questa, oltre a poter creare disagi per i condomini, può anche andare a discapito di ignari passanti. Spesso però le persone ignorano che una siffatta condotta costituisce reato ex art. 674 c.p. (getto pericoloso di cose); infatti, ai sensi del suddetto articolo "chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone...è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a 206 euro". La Cassazione, anche recentemente con sentenza n. 15956 del 2014, ha ribadito l'interpretazione estensiva di siffatta norma, applicandola in molteplici casi tra cui quello in oggetto. Occorre osservare, però, che al di là della responsabilità penale scaturente da tale condotta, resta ferma in ogni caso la possibilità di esercitare un&

IL SOCIO D'OPERA NELLE SOCIETA' DI PERSONE

Il socio d'opera è il socio  che conferisce in società la propria attività lavorativa, sia essa di natura manuale o intellettuale. Esso differisce dal prestatore di lavoro subordinato, retribuito mediante partecipazione agli utili, in quanto quest'ultimo, "essendo caratterizzato essenzialmente dal rapporto di subordinazione, esclude di per sè l'esistenza di un rapporto di società, che si esplica mediante il concorso nella gestione sociale con diritto agli utili e partecipazione alle perdite" (Cass. n.6855/1982). Discusso è se il socio d'opera possa essere o meno capitalizzato: se, in altri termini, il socio d'opera possa essere titolare di una rappresentazione nel capitale. Parte della dottrina, sostenendo la distinzione tra conferimenti di capitale (i quali concorrerebbero alla determinazione del capitale sociale) e conferimenti di patrimonio (i quali attribuirebbero soltanto un diritto alla partecipazione agli utili), fa rientrare il conferimento d