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RISOLUZIONE DI DIRITTO DEL PRELIMINARE DI VENDITA: AMMISSIBILE LA CONDANNA AL DOPPIO DELLA CAPARRA

Il promissario acquirente di un contratto preliminare di vendita, dopo avere inutilmente formulato, nei confronti del promittente venditore, diffida ad adempiere ed aver instaurato il conseguente giudizio per l'accertamento dell'avvenuta risoluzione di diritto del contratto, ben può, ove non abbia contestualmente avanzato richiesta di risarcimento ai sensi dell'art. 1453 c.c., instare per il semplice conseguimento del doppio della caparra versata, secondo la previsione dell'art. 1385 c.c., e sul presupposto della risoluzione di diritto verificatasi ex art. 1454 c.c. Cassazione civile, sez. II, sentenza 27 ottobre 2017, n. 25623 La fattispecie. Con un contratto preliminare di compravendita immobiliare la parte promittente venditrice si impegnava a trasferire, unitamente all'immobile, anche l'uso esclusivo della porzione di terrazzo sovrastante l'appartamento; nelle more dell'esecuzione dei lavori la promittente venditrice comunicava che la porzione d
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DIFFAMAZIONE: REATO AFFERMARE CHE UNA PERSONA SI SIA SPOSATA PER SOLDI

Cassazione penale, sez. V, 02/03/2017,  n. 31434 Integra diffamazione l'attribuzione alla persona offesa della volontà di sposare un uomo per acquisire lo stato di vedova e ereditarne, quindi, i beni, atteso che tale condotta è significativa di un comportamento contrario al comune sentire ed ai canoni etici condivisi dalla generalità dei consociati. La fattispecie. G. , durante un colloquio tra parenti, attribuiva alla vedova del congiunto, la signora P.G ., la volontà di essersi sposata per acquisire lo status di vedova, quindi, solo per interesse. Condannato dal giudice monocratico di Locri per diffamazione, l'uomo impugnava la sentenza innanzi al Palazzaccio, ma per gli Ermellini il ricorso è infondato. La Suprema Corte. La Cassazione ha ritenuto la sentenza pienamente corretta, giacchè la frase pronunciata dall'imputato, "assume un valore intrinsecamente offensivo della reputazione della donna, intesa come il senso della propria dignità personale nella opin

CLAIMS MADE

Cassazione civile, sez. III, 28/04/2017,  n. 10506 La clausola "claims made" inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un’azienda ospedaliera, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall’assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell’assicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ex art. 1322, comma 2, c.c., atteso che realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore, e pone l’assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione. La fattispecie. Il paziente A. conveniva in giudizio l’azienda ospedaliera B. per richiedere il risarcimento del danno in conseguenza di un intervento chirurgico che assumeva essere stato eseguito con imperizia. L'Azienda si costituva e chiamava a garanzia in causa il proprio assicuratore della responsabilità civile, il quale contestava la circost

RECIDIVA OBBLIGATORIA

Cassazione penale, sez. I, 20/06/2017,  n. 31714   L'aumento di pena correlato alla recidiva reiterata ex art. 99, comma 5, c.p. deve ritenersi legittimo - anche se disposto in data anteriore alla declaratoria di incostituzionalità della norma - qualora risulti adeguatamente motivato in relazione alla gravità della condotta, alla negativa personalità e pericolosità sociale dell'imputato. La fattispecie.   A., pluricondannato in via definitiva per delitti ex art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p. - chiedeva al giudice dell'esecuzione di rideterminare la pena inflittagli in ragione della sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità che ha interessato la cd. "recidiva obbligatoria" di cui all'art. 99, comma 5, c.p.( "Se si tratta di uno dei delitti indicati all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l'aumento della pena per la recidiva è obbligatorio e, nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un

RIPETIZIONE DI INDEBITO

Cassazione civile, sez. II, 28/06/2017,  n. 16214 In materia d'indebito oggettivo quando la parte deduca in giudizio e dimostri l'avvenuto pagamento di una somma di denaro, il convenuto è tenuto ad allegare e a provare il titolo in forza del quale si ritiene a sua volta legittimato a trattenere la somma ricevuta, al fine di accertare se e fino a che punto la natura del rapporto e le circostanze del caso giustifichino che l'una delle parti trattenga senza causa il denaro indiscutibilmente ricevuto da altri (fattispecie relativa ad una domanda di ripetizione d'indebito formulata dai clienti di un legale in merito al compenso illegittimamente incassato dal professionista). La fattispecie. A. e B. citavano in giudizio l'avvocato C., che aveva seguito nel loro interesse un processo di risarcimento danni in materia di sinistro stradale, per richiedere la restituzione di una somma di denaro illegittimamente corrisposta a titolo di compenso professionale. Deducevano che

DIVIETO DEI PATTI SUCCESSORI

Ai sensi dell' art. 458 c.c. " Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti, è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. E' del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi ". Dall'analisi del presente articolo emerge innanzitutto una fondamentale tripartizione dei patti successori, i quali devono essere distinti in patti successori c.d. istitutivi, in patti successori c.d. dispositivi ed infine in patti successori c.d. rinunziativi. Si qualifica come patto successorio istitutivo qualsiasi negozio " inter vivos " finalizzato alla disposizione di propri diritti per il tempo successivo alla propria morte. La previsione della nullità di questo tipo di convenzioni trova il suo fondamento nella circostanza che il nostro ordinamento ammette esclusivamente il testamento come strumento mediante il quale dispor

ISTITUZIONE EREDITARIA SENZA PREDETERMINAZIONE DI QUOTE

Nell'ambito del fenomeno delle successioni testamentarie ipotesi ordinaria e fisiologica è rappresentata dall'individuazione esplicita, da parte del testatore, dei soggetti investiti della qualifica di erede e della quota di diritto del patrimonio caduto in successione a ciascuno spettante. Tuttavia, possono darsi ipotesi nelle quali manchino le designazioni del primo e del secondo delle indicazioni sopra menzionate. In riferimento alle prime ipotesi, nelle quali manchi una formale ed esplicita istituzione d'erede, il legislatore all'art. 588, 1° co., c.c., prevede l'attribuzione della qualifica di successore a titolo universale ove l'istituito sia attributario dell'intero patrimonio del testatore o di una sua quota. Ipotesi diversa, e precipuo oggetto della presente analisi, è quella in cui si presenti una esplicita istituzione a titolo di erede non accompagnata, però, dalla esatta determinazione della quota di diritto allo stesso spettante in rapporto