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RECIDIVA OBBLIGATORIA

Cassazione penale, sez. I, 20/06/2017,  n. 31714
 
L'aumento di pena correlato alla recidiva reiterata ex art. 99, comma 5, c.p. deve ritenersi legittimo - anche se disposto in data anteriore alla declaratoria di incostituzionalità della norma - qualora risulti adeguatamente motivato in relazione alla gravità della condotta, alla negativa personalità e pericolosità sociale dell'imputato.

La fattispecie.  A., pluricondannato in via definitiva per delitti ex art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p. - chiedeva al giudice dell'esecuzione di rideterminare la pena inflittagli in ragione della sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità che ha interessato la cd. "recidiva obbligatoria" di cui all'art. 99, comma 5, c.p.( "Se si tratta di uno dei delitti indicati all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l'aumento della pena per la recidiva è obbligatorio e, nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto").
Il Tribunale, tuttavia, respingeva la domanda dell'imputato. Secondo il giudice dell'esecuzione, infatti, l'apprezzamento dei giudici di merito - che ha tenuto conto della recidiva tacciata di incostituzionalità - non poteva ritenersi incongruo, stante l'approfondita riflessione espressa dagli organi giudicanti sulla effettiva personalità criminale del reo.
L'ordinanza del Tribunale veniva dunque sottoposta all'attenzione dei giudici di legittimità, dinanzi ai quali la difesa insisteva per vedere cancellata la "frazione" di pena inflitta in applicazione della norma dichiarata incostituzionale.

La declaratoria di illegittimità costituzionale della "recidiva obbligatoria".
Con sentenza n. 185/2015 la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'automatismo sanzionatorio previsto dall'art. 99, co. 5, c.p. in relazione ai reati di cui all'art. 407, co. 2, lett. b), c.p.p., dal momento che tale rincaro di pena si risolveva, di fatto, in una presunzione assoluta di maggior colpevolezza dell'imputato, come tale in conflitto con i principi costituzionali.
La Consulta ha motivato la decisione sottolineando come l'automatismo in questione risultasse «inadeguato a neutralizzare gli elementi eventualmente desumibili dalla natura e dal tempo di commissione dei precedenti reati e dagli altri parametri che dovrebbero formare oggetto della valutazione del giudice, prima di riconoscere che i precedenti penali sono indicativi di una più accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità del reo».
Con la pronuncia in epigrafe, la Cassazione è tornata ad occuparsi degli effetti della declaratoria di incostituzionalità della recidiva obbligatoria sulle pene in corso di esecuzione, offrendo fondamentali elementi interpretativi , soprattutto con riferimento alle funzioni e ai correlati poteri del giudice di fase.

I poteri del Giudice dell'esecuzione. La Suprema Corte ha anzitutto ricordato che il giudice dell'esecuzione esercita poteri valutativi espressamente previsti dalla legge (artt. 671 e 675, 666, comma 5, c.p.p.), sebbene nei limiti di quanto emerso in sede di cognizione.
Le valutazioni del giudice dell'esecuzione - in tal senso - non possono contraddire le considerazioni espresse dal giudice della cognizione, come risultanti dal testo della sentenza irrevocabile.
Tanto vale anche in occasione del sopravvenire di declaratorie di incostituzionalità.
Sul punto - afferma la Corte - il giudice dell'esecuzione è chiamato a sostituire la valutazione non espressa dal giudice della cognizione sulla base della norma illegittima con una nuova valutazione fondata sul quadro normativo risultante all'esito della pronuncia costituzionale, «con l'unico limite di non smentire quanto il giudice della cognizione ha affermato o accertato».

La "recidiva obbligatoria" oggi.
La Cassazione ha trattato, infine, il vero nocciolo della questione, ossia  gli effetti della sentenza della Consulta n. 185/2015 sulle pene in corso di esecuzione.
In merito, la Suprema Corte ha ribadito un principio già affermato in precedenza: la pronuncia n. 185/2015 non impone affatto di escludere la recidiva obbligatoria solo perché - a suo tempo - ritenuta sussistente sulla scorta di presupposti diversi da quelli conseguenti alla sentenza di incostituzionalità, la quale, si ricorda, non ha riformato, nella sua interezza, la previsione dell'art. 99, comma 5, ma si è limitata ad escludere l'obbligatorietà dell'aggravante per determinati reati.
In definitiva , secondo la Cassazione, in tema di recidiva reiterata prevista dall'art. 99, comma 5, c.p. in relazione alla commissione dei reati di cui all'art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p., l'aumento di pena deve assumersi legittimamente disposto - anche se in data anteriore alla sentenza della Consulta a mezzo della quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del carattere obbligatorio dell'aumento medesimo - qualora risulti adeguatamente motivato in relazione alla gravità della condotta, alla negativa personalità dell'imputato e alla pericolosità sociale di quest'ultimo.
 
In conclusione. Sulla base di quanto sopra esposto, i giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso, confermando la correttezza della decisione assunta dal giudice dell'esecuzione e, a ritroso, la quantificazione della pena inflitta ad opera dei giudici della cognizione.

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