Cassazione penale, sez. V, 02/03/2017, n. 31434
Integra diffamazione l'attribuzione alla persona offesa della volontà di sposare un uomo per acquisire lo stato di vedova e ereditarne, quindi, i beni, atteso che tale condotta è significativa di un comportamento contrario al comune sentire ed ai canoni etici condivisi dalla generalità dei consociati.
La fattispecie. G., durante un colloquio tra parenti, attribuiva alla vedova del congiunto, la signora P.G., la volontà di essersi sposata per acquisire lo status di vedova, quindi, solo per interesse. Condannato dal giudice monocratico di Locri per diffamazione, l'uomo impugnava la sentenza innanzi al Palazzaccio, ma per gli Ermellini il ricorso è infondato.
La Suprema Corte. La Cassazione ha ritenuto la sentenza pienamente corretta, giacchè la frase pronunciata dall'imputato, "assume un valore intrinsecamente offensivo della reputazione della donna, intesa come il senso della propria dignità personale nella opinione degli altri ed in sostanza nella considerazione sociale".
L'attribuzione "alla persona offesa della deliberata volontà di sposare un uomo di cui conosceva la condizione di malato quasi terminale, allo scopo di ereditarne i beni, avendo in precedenza ottenuto lo status di moglie, è significativa di un comportamento contrario al comune sentire ed ai canoni etici condivisi dalla generalità dei consociati".
Né deve trascurarsi "l'importanza che il matrimonio riveste dal punto di vista religioso, culturale, sociale e morale per la maggior parte dei cittadini italiani – o tantomeno sottovalutarsi - il suo riconoscimento nella Costituzione quale fondamento della società naturale costituita dalla famiglia, della quale la Repubblica riconosce i diritti".
Conclusione. Per i motivi sopra esposti, la Supema Corte ha ritenuto corretta la condanna dell'imputato, tanto più che le parole usate, incentrate sulla asserita strumentalizzazione della donna del matrimonio a mero "scopo di lucro, hanno avuto una potenzialità lesiva non solo del suo personale amor proprio ma soprattutto della sua dignità e dalla considerazione da parte della comunità sociale in cui è inserita, che, di regola, disapprova tali comportamenti".
Integra diffamazione l'attribuzione alla persona offesa della volontà di sposare un uomo per acquisire lo stato di vedova e ereditarne, quindi, i beni, atteso che tale condotta è significativa di un comportamento contrario al comune sentire ed ai canoni etici condivisi dalla generalità dei consociati.
La fattispecie. G., durante un colloquio tra parenti, attribuiva alla vedova del congiunto, la signora P.G., la volontà di essersi sposata per acquisire lo status di vedova, quindi, solo per interesse. Condannato dal giudice monocratico di Locri per diffamazione, l'uomo impugnava la sentenza innanzi al Palazzaccio, ma per gli Ermellini il ricorso è infondato.
La Suprema Corte. La Cassazione ha ritenuto la sentenza pienamente corretta, giacchè la frase pronunciata dall'imputato, "assume un valore intrinsecamente offensivo della reputazione della donna, intesa come il senso della propria dignità personale nella opinione degli altri ed in sostanza nella considerazione sociale".
L'attribuzione "alla persona offesa della deliberata volontà di sposare un uomo di cui conosceva la condizione di malato quasi terminale, allo scopo di ereditarne i beni, avendo in precedenza ottenuto lo status di moglie, è significativa di un comportamento contrario al comune sentire ed ai canoni etici condivisi dalla generalità dei consociati".
Né deve trascurarsi "l'importanza che il matrimonio riveste dal punto di vista religioso, culturale, sociale e morale per la maggior parte dei cittadini italiani – o tantomeno sottovalutarsi - il suo riconoscimento nella Costituzione quale fondamento della società naturale costituita dalla famiglia, della quale la Repubblica riconosce i diritti".
Conclusione. Per i motivi sopra esposti, la Supema Corte ha ritenuto corretta la condanna dell'imputato, tanto più che le parole usate, incentrate sulla asserita strumentalizzazione della donna del matrimonio a mero "scopo di lucro, hanno avuto una potenzialità lesiva non solo del suo personale amor proprio ma soprattutto della sua dignità e dalla considerazione da parte della comunità sociale in cui è inserita, che, di regola, disapprova tali comportamenti".
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