Cassazione civile, sez. III, 28/04/2017, n. 10506
La clausola "claims made" inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un’azienda ospedaliera, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall’assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell’assicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ex art. 1322, comma 2, c.c., atteso che realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore, e pone l’assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione.
La fattispecie. Il paziente A. conveniva in giudizio l’azienda ospedaliera B. per richiedere il risarcimento del danno in conseguenza di un intervento chirurgico che assumeva essere stato eseguito con imperizia. L'Azienda si costituva e chiamava a garanzia in causa il proprio assicuratore della responsabilità civile, il quale contestava la circostanza che il contratto escludesse la garanzia per i fatti illeciti commessi dall'assicurato, anche durante la vigenza del contratto, se la richiesta di risarcimento da parte del terzo fosse pervenuta all'assicurato dopo la scadenza del periodo di assicurazione. Il Tribunale rigettava la domanda di garanzia, la quale veniva però accolta dalla Corte d'Appello. L’assicuratore ricorreva in Cassazione.
La clausola "claims made" inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un’azienda ospedaliera, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall’assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell’assicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ex art. 1322, comma 2, c.c., atteso che realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore, e pone l’assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione.
La fattispecie. Il paziente A. conveniva in giudizio l’azienda ospedaliera B. per richiedere il risarcimento del danno in conseguenza di un intervento chirurgico che assumeva essere stato eseguito con imperizia. L'Azienda si costituva e chiamava a garanzia in causa il proprio assicuratore della responsabilità civile, il quale contestava la circostanza che il contratto escludesse la garanzia per i fatti illeciti commessi dall'assicurato, anche durante la vigenza del contratto, se la richiesta di risarcimento da parte del terzo fosse pervenuta all'assicurato dopo la scadenza del periodo di assicurazione. Il Tribunale rigettava la domanda di garanzia, la quale veniva però accolta dalla Corte d'Appello. L’assicuratore ricorreva in Cassazione.
Le clausole "claims made". La Suprema Corte è tornata nuovamente ad occuparsi dell'annosa questione della validità delle calusole cd. claims made: sono riscontrabili due categorie di questo tipo di clausole, quella c.d. pura, che prevede una garanzia estesa alle richieste di risarcimento presentate dall'assicurato per la prima volta durante il periodo di efficacia del contratto e quella, definita con varietà di linguaggio impura, spuria o mista che, viceversa, comprende nella copertura le sole ipotesi nelle quali tanto le richieste di risarcimento, quanto i fatti illeciti alle quali esse si riferiscono si sono verificate nel corso del contratto. La suddetta problematica, affrontata con Sent. n. 9140 del 2016, venne dalla Cassazione risolta in tal modo: 1) la clausola claims made, nella parte in cui consente la copertura di fatti commessi dall'assicurato prima della stipula del contratto, non è nulla; 2) la clausola claims made, nella parte in cui subordina l'indennizzabilità del sinistro alla circostanza che il terzo danneggiato abbia chiesto all'assicurato il risarcimento entro i termini di vigenza del contratto, non è vessatoria; 3) la clausola claims made, pur non essendo vessatoria, potrebbe tuttavia risultare in singoli casi specifici non diretta a "realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico", ai sensi dell'art. 1322 c.c.. Quest'ultima valutazione tuttavia va compiuta in concreto e non in astratto, valutando: a) se la clausola subordini l'indennizzo alla circostanza che sia il danno, sia la richiesta di risarcimento da parte del terzo avvengano nella vigenza del contratto; b) la qualità delle parti; c) la circostanza che la clausola possa esporre l'assicurato a "buchi di garanzia".
La decisione. Nel caso in esame la Suprema Corte ha ritenuto la clausola "claims made" immeritevole di tutela ex art. 1322, co. 2, c.c. ( "Le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico"). In primo luogo attribuisce all'assicuratore un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita; è' infatti praticamente impossibile che la vittima di un danno abbia la prontezza e il cinismo di chiederne il risarcimento subito e immediatamente al responsabile. Ciò determina una interruzione tra il tempo per il quale è stipulata l'assicurazione (e verosimilmente pagato il premio), e il tempo nel quale può avverarsi il rischio. Questo iato temporale è inconciliabile con il tipo di responsabilità professionale cui può andare incontro il medico, la cui opera può talora produrre effetti dannosi a decorso occulto, che si manifestano a distanza anche di molto tempo dal momento in cui venne tenuta la condotta colposa fonte di danno.
In secondo luogo, la clausola claims made che escluda le richieste postume appare immeritevole di tutela, in quanto pone l'assicurato in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all'altra. La clausola claims made, infatti, fa dipendere la prestazione dell'assicuratore della responsabilità civile non solo da un evento futuro ed incerto ascrivibile a colpa dell'assicurato, ma altresì da un ulteriore evento futuro ed incerto dipendente dalla volontà del terzo danneggiato: la richiesta di risarcimento. L'avveramento di tale condizione, tuttavia, esula del tutto dalla sfera di dominio, dalla volontà e dall'organizzazione dell'assicurato, che non ha su essa alcun potere di controllo.
Per i suddetti motivi la Cassazione ha rigettato il ricorso.
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