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RISOLUZIONE DI DIRITTO DEL PRELIMINARE DI VENDITA: AMMISSIBILE LA CONDANNA AL DOPPIO DELLA CAPARRA

Il promissario acquirente di un contratto preliminare di vendita, dopo avere inutilmente formulato, nei confronti del promittente venditore, diffida ad adempiere ed aver instaurato il conseguente giudizio per l'accertamento dell'avvenuta risoluzione di diritto del contratto, ben può, ove non abbia contestualmente avanzato richiesta di risarcimento ai sensi dell'art. 1453 c.c., instare per il semplice conseguimento del doppio della caparra versata, secondo la previsione dell'art. 1385 c.c., e sul presupposto della risoluzione di diritto verificatasi ex art. 1454 c.c.
Cassazione civile, sez. II, sentenza 27 ottobre 2017, n. 25623

La fattispecie. Con un contratto preliminare di compravendita immobiliare la parte promittente venditrice si impegnava a trasferire, unitamente all'immobile, anche l'uso esclusivo della porzione di terrazzo sovrastante l'appartamento; nelle more dell'esecuzione dei lavori la promittente venditrice comunicava che la porzione di terrazzo non fosse nella sua disponibilità, bensì in quella della proprietaria dello stabile la quale si era a sua volta obbligata a trasferire l'uso ad essa, parte promittente venditrice. Quest'ultima informava il promittente acquirente per iscritto proponendogli di differire il rogito entro una certa data, prevedendo tuttavia al contempo che, ove nelle more non fosse stato conseguito il diritto d'uso del terrazzo sovrastante, avrebbe ottenuto uno sconto sul prezzo. Il promittente acquirente non accettava la proposta e diffidava ad adempiere il promittente venditore, sicché in assenza di adempimento seguiva la comunicazione di recesso. Così la parte promittente acquirente agiva dinanzi al tribunale competente chiedendo che dichiarasse la risoluzione del contratto ex art. 1454 c.c. con condanna della convenuta al doppio della caparra versata, ovvero in subordine alla risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c. per inadempimento della convenuta e condanna al pagamento della caparra confirmatoria ed al risarcimento del danno. La convenuta costituitasi in giudizio eccepiva principalmente la scarsa importanza dell'inadempimento, l'occupazione dell'immobile da parte della promittente acquirente che aveva realizzato dei lavori senza autorizzazione. Chiedeva di restituire solo l'importo della caparra ed in via riconvenzionale domandava la risoluzione del preliminare per inadempimento dell'attore, con diritto a trattenere la caparra ricevuta, domandando altresì il pagamento di una indennità per l'indebita occupazione. Il Tribunale condannava la promittente venditrice al rimborso della sola caparra con declaratoria di risoluzione del preliminare intercorso tra le parti. Tutte le ulteriori domande erano rigettate. In grado di appello la decisione era confermata. La Corte in particolare aveva ritenuto che la domanda di risoluzione del contratto formulata dall'appellante non potesse trasformarsi in domanda di recesso in grado di appello e che pertanto gli spettasse solo la restituzione della caparra.

Il rapporto tra domanda di recesso e di risoluzione contrattuale.  La decisione era impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. Principalmente il ricorrente si doleva del fatto che la Corte d'Appello avesse omesso di considerare che il diritto al pagamento del doppio della caparra confirmatoria ricorresse, come nel caso di specie, allorché la parte non inadempiente eserciti un'azione di accertamento della risoluzione di diritto del contratto verificatasi già stragiudizialmente con contestuale domanda al risarcimento del danno contenuta e quantificata nel doppio della caparra versata. La Cassazione accoglieva il ricorso affermando che secondo l'indirizzo giurisprudenziale consolidato (Cass. Civ. n. 21838/2010), nel caso di risoluzione del contratto di diritto per inosservanza del termine essenziale, ove sia stata prevista una caparra confirmatoria, non venga negato alla parte adempiente di utilizzare lo strumento del recesso contrattuale al fine di ottenere, in luogo del risarcimento del danno la ritenzione della caparra ovvero la restituzione del suo doppio. Tanto in ragione della maggiore ampiezza delle domande di risoluzione, sicché quelle di recesso possono essere proposte anche ove si sia verificata la risoluzione di diritto del contratto. In questa prospettiva quindi il promissario acquirente, dopo l'infruttuoso decorso del termine per la diffida ad adempiere intimata al promittente venditore, nel corso del giudizio per l'accertamento della risoluzione di diritto del contratto, in mancanza di domanda di risarcimento danni, può richiedere il doppio della caparra ex art. 1385 c.c. sul presupposto della risoluzione di diritto del contratto.

In conclusione. Occorre rilevare che i rapporti tra azione di risoluzione, e di risarcimento integrale, da una parte, e azione di recesso e di ritenzione della caparra, dall'altra, stiano in termini di assoluta incompatibilità strutturale e funzionale, tale che proposta la domanda di risoluzione, volta al riconoscimento del diritto al risarcimento integrale dei danni subiti, non potrà ritenersene consentita la trasformazione in domanda di recesso con ritenzione di caparra. La medesima incompatibilità non si rileva nel caso in cui, come nell'odierna vicenda, la parte agisca per l'accertamento della risoluzione di diritto del contratto.

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